Dagli Accordi di Dayton a un piano sull’Ucraina senza l’Ucraina, trent’anni dopo

Nel 2023 si celebra il 30° anniversario degli Accordi di Dayton, un evento che ha segnato la fine di una delle guerre più sanguinose in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale. La guerra in Bosnia-Erzegovina, che ha avuto luogo tra il 1992 e il 1995, ha causato oltre 100.000 morti, lasciando cicatrici indelebili nel tessuto sociale e politico del paese. Ricordiamo, in particolare, il genocidio di Srebrenica e l’assedio di Sarajevo, due episodi che hanno scosso le coscienze di tutto il mondo e che continuano a rappresentare un monito sulla fragilità della pace.

Il contesto degli Accordi di Dayton

Gli Accordi di Dayton, firmati nel novembre 1995, sono stati il risultato di un intenso processo di negoziazione che ha visto il coinvolgimento degli Stati Uniti e di diversi leader internazionali. Questi accordi hanno stabilito un fragile equilibrio tra le diverse etnie del paese, creando una Bosnia-Erzegovina divisa in due entità principali: la Federazione croato-musulmana e la Repubblica Srpska. Nonostante le difficoltà nella loro attuazione, questi accordi hanno fornito una base per la governance e la stabilità del paese.

Le differenze con il contesto attuale

Oggi, la situazione geopolitica presenta analogie e differenze rispetto al 1995. In particolare, il conflitto in Ucraina ha riacceso il dibattito sulle dinamiche di negoziazione e sul ruolo degli attori internazionali. A differenza della Bosnia, dove gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo cruciale nella mediazione, l’Ucraina non è attualmente coinvolta in negoziati diretti per la pace, il che solleva interrogativi sulla possibilità di una risoluzione duratura del conflitto.

Intangibilità dei confini e autodeterminazione

Un aspetto fondamentale degli Accordi di Dayton è stato il riconoscimento dell’intangibilità dei confini stabiliti, un principio che ha avuto ripercussioni significative per le repubbliche ex sovietiche. Il diritto all’autodeterminazione, sebbene riconosciuto, ha portato a tensioni e conflitti, come dimostrato dalle recenti crisi in diverse regioni dell’Europa orientale. La questione dei confini e dell’identità nazionale continua a essere un tema caldo, non solo in Bosnia, ma in tutto il continente.

Le sfide della Bosnia-Erzegovina

Malgrado la Costituzione della Bosnia-Erzegovina sia stata concepita per garantire una governance condivisa, la sua attuazione si è rivelata complessa. Le tensioni politiche tra le diverse entità sono cresciute, con un crescente rifiuto da parte dei leader serbo-bosniaci di seguire le disposizioni dell’Alto rappresentante europeo. Questo scenario ha sollevato preoccupazioni sulla stabilità del paese e sulla capacità delle istituzioni di funzionare efficacemente.

Nostalgia per un ruolo di pace

In questo contesto, emerge una certa nostalgia per un periodo in cui gli Stati Uniti erano percepiti come un attore determinante per la pace in Europa. La mancanza di un intervento simile oggi potrebbe essere vista come una carenza di leadership internazionale, lasciando i paesi come la Bosnia-Erzegovina a fronteggiare le proprie sfide senza un supporto esterno adeguato.

Il 30° anniversario degli Accordi di Dayton non è solo un momento di riflessione su un passato doloroso, ma anche un’opportunità per considerare le lezioni apprese e le strade da percorrere per garantire una pace duratura. La Bosnia-Erzegovina, con le sue complessità e contraddizioni, continua a rappresentare una sfida per la comunità internazionale, che deve rimanere vigile e impegnata nel promuovere la stabilità e la riconciliazione.


Immagine di copertina e fonte della notizia: Il Foglio